giovedì, gennaio 01, 2009
Il calcio in Cina
Il "CUJU" è sicuramente un remoto antenato del nostro calcio, inventato tra il 200 a.c. e il 220 d.c., in epoca Han, ed è descritto da un manuale di addestramento militare come un gioco praticato con una palla di pelle che veniva calciata attraverso un foro. Cuju traducibile con "spingere il pallone con il piede", si giocava in un campo di gioco quadrangolare, di circa 9 metri per lato ed ogni squadra era composta da 6 giocatori e la correttezza della competizione era garantita da un arbitro e da un assistente. Le diverse forme geometriche alludono alle forze cosmiche, yine yang e alla loro armonia. Il gioco esalta l'armonia e insieme quella dinamica di cooperazione e tensione che costituisce il tratto distintivo e costitutivo dei giochi di squadra- E' grazie alla presenza dell'avversario che la competizione è possibile, l'opposizione dialettica delle squadre in competizione genera armonia.
Cuju è una parola formata da due caratteri: cu, che vuol dire calciare, e ju, che significa palla. Sarebbe stato esportato in Egitto e Giappone, e anche in Europa da mercanti arabi, attraverso la Via della Seta, aperta da Zhang Qian nel 138 prima dell'era cristiana.
Sotto la dinastia Han si trasformò in svago, praticato in città e in campagna.
Ma che calcio era? Il cuju continuò a evolversi nel corso dei secoli. Se ne conoscono venticinque versioni diverse. Nell'era Han, (206 prima dell'era cristiana - al 220 dell'era cristiana) era giocato da due squadre, di dodici giocatori. Il campo era diviso in due parti, ciascuna con sei porte. Ogni porta era difesa da un portiere. C'erano, quindi, dodici portieri nella partita. Gli altri giocatori si passavano la palla e tiravano. Vinceva la squadra che per prima riusciva a segnare in tutte e sei le porte degli avversari. La porta aveva forma circolare con un diametro di solo trenta centimetri ed era a un'altezza di circa due metri e mezzo. Contava l'abilità nel gioco aereo.
Poi le porte si ridussero a due. Infine a una, collocata a centrocampo, con le squadre separate da una rete, quando non c'era più il contatto fisico e l'aspetto agonistico era ormai scomparso e contava solo la performance artistica. La palla, che nell'era Han era di pelle, riempita di capelli, con i Tang era fatta da otto pezzi di cuoio ricuciti e gonfiata d'aria.
Tra il IX e il X secolo sembra che si cominciassero a utilizzare palloni a camera d'aria che permettevano i rimbalzi e quindi inedite modalità di gioco. Un'incisione di legno del 1322 rinvenuta in Cna, illustra una partita che si gioca in un campo delimitato da pali alti circa 10 metri e mezzo e distanti fra loro 3 metri. Fra le stecche orizzontali, poste quasi lla sommità dei pali, è stesa una rete detta wangzi. Al centro è ritagliato il fengliuyab, "l'occhio che sporge". Centrandolo si conseguivano i punti.
Anche i nobili e gli imperatori amavano il cuju. Il padre di Liu Bang, primo imperatore Han, (206-195), era un calciatore. Con lui il cuju entrò a corte. Divenne il gioco prediletto dell'imperatore Wu, (141-87) , e dell'imperatore Cheng, (32-7). Sima Qian scrive che Hou Qubing, famoso generale di Wu, in un momento di grave difficoltà dell'esercito, impegnato dalle scorrerie degli Xiongnu, abbia rialzato il morale delle truppe, ordinando di preparare un campo da cuju e partecipando alla partita. Gli Han ci hanno lasciato perfino il primo racconto di una tragedia del calcio. Il famoso dottor Chu Yu raccomandò di non giocare più a Xiang Chu, che, invece, perseverò e perì sul campo vomitando sangue dalla bocca.
Il cuju raggiunse l'acme con i Tang e i Song. Di allora ci sono anche giunte le formazioni di una partita di millecento anni fa. Squadre di sedici giocatori con le posizioni: Qiutou Zhan Jun, Qiaoqiu Wang Lian... I primi eroi della chanson de geste del calcio.
La performance, però, a poco a poco prevalse sulla competizione. Il cuju divenne un'esibizione di giocolieri. Si poteva toccare la palla con tutte le parti del corpo tranne le mani. Dell'era Song ci è giunto il nome di un Ronaldinho cinese, Gao Qiu, così abile che fu promosso generale dall'imperatore. O l'avventura dello scolaro Liu Sanfu, che attese paziente fuori dal palazzo del primo ministro Ding Wei, giocatore di cuju: quando la palla superò il muro, entrò a restituirla e con un saggio alla Maradona convinse l'alto funzionario ad assumerlo.
Poi il cuju declinò. Marco Polo, nel resoconto del suo viaggio, (1271-95), non lo ricorda. Khubilai Khan era mongolo e privilegiava altri sport: corse di cavalli, tiro con l'arco, lotta. La parabola fu inesorabile. Il cuju, praticato sotto i Ming - 1368-1644, al tempo del gesuita Matteo Ricci - scomparve con i Qing, l'ultima dinastia. Prima di risorgere nel Novecento come football.
Agli inizi degli anni duemila, si sono tenute esibizioni di cuju; si tratta di eventi e rivendicazioni strettamente legati alla ripresa di protagonismo della Cina in occasione dell'assegnazione dei Giochi Olimpici.
(brani tratti da "Sociologia del calcio" di Nicola Porro ed. Carrocci)
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