lunedì, luglio 09, 2007

il paguro


Domenica di mare diversa. La gita a Ravenna prevista per il fine settimana, a Punta Marina, ha comportato una modifica: dopo due giorni di relax, fra spiaggia, lettino e mare ho deciso di provare l'ebrezza di un immersione in Adriatico e precisamente presso il Paguro.

La storia del Paguro inizia con le prime perforazioni di pozzi per l’estrazione di metano che l’AGIP iniziò nell’off-shore ravennate nei primi anni 1960.Su licenza americana furono quindi fatte costruire dall’AGIP le piattaforme mobili, self-elevating, Perro Negro e la gemella Paguro costruita, quest’ultima, nel 1962-63 a Porto Corsini (RA). Il Paguro prese subito il mare ed iniziò la propria attività. A metà del 1965, fu posizionato su un nuovo sito per perforare il pozzo PC7 (Porto Corsini 7) a circa 12 miglia dalla costa di fronte alla foce dei Fiumi Uniti.


Purtroppo, quando il 28 settembre 1965 la trivella raggiunse il giacimento gas a circa 2.900 metri di profondità, ci fu un’improvvisa eruzione di fluido. Era successo che, oltre al giacimento oggetto della perforazione, la trivella aveva intaccato anche un secondo giacimento sottostante, non previsto, che conteneva gas ad una pressione altissima.

Vennero immediatamente attivate le valvole di sicurezza di testa pozzo, che funzionarono perfettamente e tennero la pressione di testa. Purtroppo però, dopo poco, le pareti del pozzo cedettero e si sprigionò l’eruzione di gas, a quel punto non più controllabile. E fu la tragedia.

Il Paguro si trovò avvolto da acqua, gas e, poco dopo, anche dalle fiamme alimentate dal gas stesso, che fusero le parti metalliche che si trovavano sopra l’eruzione. Fu così che la piattaforma si inabissò il 29 settembre nel cratere formato nel fondale dallo stesso gas che continuava a fuoriuscire ad una pressione di circa 600 atmosfere.

l gas che continuava a fuoriuscire dal fondale e che mescolato a pulviscolo d’acqua raggiungeva un’altezza di oltre 50 metri, continuò a bruciare finché, dopo circa tre mesi, l’AGIP, con la perforazione ad alcune centinaia di metri di distanza di un pozzo deviato, riuscì a cementare il PC7.

Da quel lontano 1965 sono passati diversi anni. Negli anni 1990 sopra il relitto sono state posizionate diverse piccole strutture dismesse che lo hanno reso ancora più affascinante. La parte più alta del relitto si trova comunque sempre alla quota di -10 metri circa, mentre buona parte degli alloggi è ora crollata corrosa dall’ossido e dalle correnti galvaniche. Il cratere allora formatosi sul fondale è sempre presente e raggiunge i -33 metri circa.

Ci vogliono due ore abbondanti per raggiungere il sito d'immersione. Con il rimorchiatore GLADIATOR del com.te Renzo mi sono imbarcato ieri all'ora di pranzo e alle 16,00 mi sono immerso. Peccato per la visibilità scarsa, dovuta alla situazione meteo ancora instabile. Però è una splendida esperienza.

C'è grande vita intorno alle lamiere e ai resti della piattaforma e l'immersione grazie alla corrente che spesso corre, non è così facile. Con me sono scesi in acqua Matteo, la guida dell'associazione Paguro e quattro simpaticissimi ragazzi di Verona, abituati alla visibilità del lago, più o meno come me, non sono stati assolutamente sorpresi dalla visibilità, ma sono stati piacevolmente avvolti dall'atmosfera e dalla straordinaria imponenza del Paguro.

Voto: da rifare sicuramente







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