PADRE A VENT’ANNI
Steso a terra in un prato d’erba bruciata
armato e mimetizzato tu ascolti il vento
nella guerra straniera di qualcun’altro
tu tieni lontani i buoni dai cattivi.
Senti me sono il tuo bambino
son troppo piccolo e ti telefono col pensiero
dopo dormirò e ti sognerò.
Sono nato che tu eri partito da poco
e forse ti ho visto in qualche telegiornale
Non so ancora parlare e rotolo ancora
torna, così mi insegni tu a camminare,
poi mi devi spiegare come si tiene stretto un gelato
mentre si sta sciogliendo,
so quanti anni hai, venti più di me.
Che cosa è il mare, devi spiegarmelo tu,
devi tornare, fai come i gatti stai giù.
Fra gli aeroplani, il più veloce qual’è,
le ragazze come funzionano
mamma sorride e dice: lui lo sa.
Ma come fanno i bambini a ridere ancora
dove la guerra rompe le case e il sole,
forse un giorno potresti spiegarmelo bene,
non come la tv ma, con le tue parole.
E perché tutti parlan di pace, e più ne parlano
più la pace non arriva mai;
questo e anche di più, devi dirmi tu.
E quando è sera, pensa ai sapori di qua,
con l’avventura da esagerare nei bar.
Giù nel giardino c’è la tua moto da cross,
tante foto che non ci bastano,
fa il tuo lavoro bene, ma stai giù.
E perché tutti parlan di pace, e più ne parlano
più la pace non arriva mai;
questo e anche di più, devi dirmi tu.
(Battaglia/Negrini)
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